mercoledì 15 ottobre 2008

"Memories"

...a ripensarci…
io non ti conoscevo neppure;
il tuo passato ed i tuoi dolori eran per me
materia quasi estranea…
molte le cose che non mi hai detto,
troppe quelle che non ti ho mai chiesto,
eppure…
Sento ancora la tua voce risuonare
ed emergere dai miei pensieri,

i tuoi ideali nutrir il mio coraggio…

Ho rincontrato i tuoi genitori,
i loro visi grigi,
le loro espressioni vitree…

è andata meglio di quanto sperassi;
non hanno risposto al mio saluto
e hanno ignorato la mia presenza

sfuggendo il mio sguardo;
non potevo sperar in accoglienza migliore.

Mi ritorna in mente il 15 d’ottobre,
il giorno in cui ho dovuto dirti addio;
in quell’occasione
non mi è stata riservata tal clemenza…

Tuo padre non voleva farmi entrare,
lo ricordo fermo e statuario all’ingresso,
le braccia incrociate,
strette e ferme in una morsa inflessibile…
bastò il suo sguardo a farmi arretrare,
ma tu sai come son fatta,
difficilmente rinuncio alla mia caparbietà…

Ricordo anche tuo zio,
la compassione che mi riservò
nonostante la palese disapprovazione
per la mia presenza,
nonostante le grida sempre più acute e vicine
di sua sorella,tua madre.
La vidi arrivare di corsa,il volto rigato da lacrime,
teso in una smorfia che la faceva assomigliare
ad una furia infernale;
avresti dovuto vederla,

lei sempre così bella,
così composta ed elegante,
trasformata in un demone incontrollabile.
Era lì,
ferma nell’atrio,
alle spalle di tuo padre,
le ginocchia a terra
e le mani tra i capelli…
mi fissava ricoprendomi di insulti,
riversando su di me il suo disprezzo,
legando al mio nome la colpa del suo dolore.

Attorno parenti ed amici fermi in un interessato silenzio.
Li avresti odiati.

Spesso mi capita di ripensare al nostro primo incontro…
La pioggia,
il vento,
il mio ombrello nuovo che si rovescia
e vola via lasciandomi alla mercé delle intemperie…

«Volantinaggio,con la pioggia…e che c***o!...
Qui ci scappa il Nobel per l’idiozia!...capo o non capo,

io domani quello l’ammazzo!!!...»

Poi…

Lui chino su di lei,
lei seduta su una panchina a bordo marciapiede…

«Fa un po’ freddino oggi,vero?»

Lei lo guarda atona,ferma sulla sua panchina;
lui sorride dolcemente porgendole l’ombrello…

«Se vuoi puoi tenerlo…se continui così
rischi di prenderti un raffreddore!»


«…ma…e tu?...non preoccuparti per me,tanto,io
son già bagnata!...»

La “trattativa” continuò per qualche minuto finchè

«Splash

«Hei!...Imbecille!...maledetto****...dannatissimo****...!
Odio gli automobilisti!!! »

Fradici,
completamente zuppi,
sorpresi da un inatteso fangoso tsunami artificiale…

Mi offristi una cioccolata calda,
mi avvolgesti con l’aroma inebriante
delle tue riflessioni,
diventasti il mio migliore amico,
la luminosa primavera nei miei diluvi…
Non passava giorno che non ti sentissi,

attimo che non ti avessi accanto,
c’eri sempre,
senza eccezione;
ti ho raccontato tutto,
anche ciò che avevo giurato a me stessa di non rivelare.

Difficile tacere o mentire con te.

Mi son sempre ritenuta debitrice nei tuoi confronti,
tra i due,
il “donatore” sei sempre stato tu…
Non ti ho mai chiesto il perché dei tuoi sogni,

l’origine delle tue paure;
non ho mai indagato a proposito degli sguardi
che tuo padre ti rivolgeva,
né sullo strano silenzio di tua madre,
la “Venere di cristallo”…

La prima volta a casa tua,
pochi giorni dopo esserci conosciuti;
la leggera tensione dei tuoi gesti,
le tue mani,
prima morbide e calde,
improvvisamente rigide e gelate…

avevi insistito tu per portarmi a casa tua…

«Nella mia vita tu sei “famiglia”,
ora voglio farti conoscer coloro che mi han generato ».

La tua casa mi è sempre piaciuta,
una bella villetta;
con giardino,
stagno per i pesci rossi,
un viale curato e cespugli di rose…
in pratica il sorriso di un mostro.

Ricordo la facciata bianca
e tua madre che ci attendeva sull’uscio di casa;
a prima vista mi era sembrata un piccolo angelo:
sottile,
non molto alta,
pelle chiara e capelli raccolti
in un raffinato chignon
sempre serena,
perlomeno in apparenza…

Entriamo,
tua madre mostra con orgoglio il soggiorno “Luigi xvi”
e le lampade Tiffany,
l’argenteria e le onorificenze
consegnate al tuo bisnonno dall’esercito…
la tua casa è davvero grande,
ma per fortuna il pranzo è pronto
e tuo padre,
puntualmente affamato,
è già a tavola che pretende il suo pasto.

L’ho sempre reputato un uomo alquanto “insolito”
e non son mai riuscita a capire quale opinione avesse di me…
in ogni caso,
ormai,
temo non sia più un mio problema…

Ci sedemmo a tavola e nessuno parlò fino alla fine del pasto,
non potei nemmeno presentarmi…
Il dolce sembrava non arrivare mai…

Dopo aver mangiato mi presentasti a tuo padre,
tu lo chiamavi “Signore”
e devo ammetter che più volte ho sentito l’impulso
di rivolgermi a lui con lo stesso appellativo…

Se ripenso a quel giorno mi vien un po’ da pianger:
quella è stata la prima volta in cui ti ho ferito…
Mi stavi riaccompagnando a casa,
discutevamo del più e del meno,
della giornata trascorsa;
tutto procedeva per il meglio finchè

« Ascolta,dimmi la verità,tu sei stato adottato non è vero!?

Sei davvero diversissimo dai tuoi!
Non sembri proprio figlio loro!..»

«Ha parlato “L’amore di papà”!...
Già…adottato,magari lo fossi…in quel caso almeno
non rischierei d’esser il figlio indesiderato
in cui non riescono a riconoscersi… »

Pronunciasti quelle parole con una lucidità
e con una calma tale da riuscir a spaventarmi.
Per il resto del tragitto non parlammo più,
né ritornammo sul discorso…
Non ebbi mai la forza,

adesso me ne pento.

Ormai è passato più di un anno,
ma io continuo a salvare il tuo nome in rubrica
e a comporre il tuo numero di cellulare
sperando in una tua risposta,
una risposta che so non potrà mai arrivare.

Non posso più stringerti,
addormentarmi accanto a te
o ascoltar le tue canzoni stonate e strappalacrime…

«Quando suoni mi vengon sempre le lacrime!»

« …non so se esserne lusingato o sentirmi offeso!...
ti vengon perché ti commuovon i testi
o perché ti fan schifo? »

«Ha ha ha!...questo non te lo dirò mai,
in ogni caso,quel ch’è certo
è che nessuno sa farmi rider
come fai tu!»

Quattro mesi,
quattro mesi,non di più,
questo il tempo che mi hai donato,
questa la durata della mia felicità.
Mi sentivo bene con te al mio fianco,

probabilmente è solo egoismo,
ma ti vorrei ancora qui con me;
l’aria è meno pura senza il tuo respiro…
La tua assenza inquina.

Chissà dove sei ora,
chissà se ti ricordi di me,
se ritorni col pensiero ai nostri giorni insieme,
alla tenda montata nel tuo giardino
e ai tuoi genitori che ci scambian per barboni
e cercan di cacciarci dalla proprietà,

a quella sera nel parco cittadino,
da soli a far il bagno ne laghetto dei cigni…
ai concerti e ai viaggi tra le pagine dei libri,
alle notti perse tra quartieri desolati,
ai vecchi materassi della mia cantina
e alle nostre cure contro la solitudine…

Ti vorrei qui,
ma come troppo spesso accade
i miei desideri son destinati a rimaner tali.
Mi manchi,
ed io non posso far altro che vivere

per non lasciarti svanire,
per mantener viva la tua rivoluzione :

"L’amore incondizionato è la più alta forma d’anarchia” ,

adesso l’ho capito e non lo scorderò.
Un giorno ci ritroveremo,
ed io finalmente ti porrò le domande
delle quali fino ad ora ho temuto il veleno.

A presto amico mio,
per te un bacio ed il mio bianco crisantemo.

2 commenti:

Pupottina ha detto...

Ste, ciao! questo tuo poema mi ha commossa!

myra ha detto...

bellisssssssima!
myra